Resilienza. Scopriamone di più.
Imprevisti, cambiamenti, crisi, sfide sono ingredienti fondamentali della vita di ciascuno di noi. Crescere, realizzare sé stessi, i propri sogni vuol dire attraversare errori, sperimentare fallimenti, superare ostacoli.
Prenderne atto è il primo passo per farvi fronte; una rete di salvataggio senza la quale rischieremmo di soccombere alla prima occasione. Carl Rogers la chiamava “Tendenza attualizzante”, la spinta intrinseca di ogni organismo a realizzarsi, conservarsi e migliorarsi.
Sto parlando di resilienza, scopriamone di più.
Che cos’è?
Un costrutto che interessa più discipline scientifiche: metallurgia, biologia, fisica, ingegneria, medicina, neuroscienze, psicologia e molte altre ancora.
In generale, prendendo spunto dalla sua etimologia (dal latino “resalio”, rimbalzare), possiamo identificare la resilienza come la capacità della materia vivente di conservare la propria struttura dopo essere stata sottoposta a pressioni ambientali, ripristinando l’equilibrio precedente.
In pratica?
Avete in casa una spugna? Andate a prenderla.
Bene, trattatela male! Schiacciatela, storcetela, tiratela, accartocciatela!
Fatto? Ora lasciatela andare e osservate il suo comportamento. Cosa è successo alla vostra spugna? Molto probabilmente, nel giro di poco tempo, avrà recuperato la forma che aveva prima che voi la sottoponeste a stress. La spugna è un materiale resiliente. Se aveste fatto la stessa cosa con un foglio di carta o un’attache, il risultato sarebbe stato molto diverso.
E quando si tratta di persone?
Bambino o adulto che sia, la resilienza dell’essere umano consiste nella capacità di prendere coscienza della difficoltà, dello stress, del trauma che si sta vivendo; tollerare la frustrazione che ne deriva, per fronteggiare al meglio la situazione al fine di ripristinare, migliorandolo, l’equilibrio bio-psico-sociale precedente.
Cioè?
Se sono un bambino, dover fare i compiti a casa può essere un fattore di stress in quanto i miei insegnanti e i miei genitori mi chiedono di fare una cosa che io non so fare e di farla bene. Avere l’opportunità di stare davanti al mio quaderno senza sapere cosa fare, mi consentirà di contattare la frustrazione legata al senso di inadeguatezza. Le mie emozioni mi aiuteranno a prendere coscienza di non sapere e di non saper fare, attivando la mia resilienza al fine di uscire dalla situazione di crisi e abbassare i livelli di stress. Se l’ambiente è facilitante, ne uscirò fortificato, quanto meno per aver ampliato le mie conoscenze.
Se sono un adulto alle prese con lo smart working, improvviso e prolungato dovuto ad una pandemia, sarò sottoposto ad alti livelli di stress legati alla gestione del cambiamento delle abitudini di vita e di lavoro. Sentire il disagio mi aiuterà a rendermi conto del problema in atto. La mia resilienza mi porterà a chiedermi che cosa posso fare, attivandomi ad agire comportamenti funzionali per ritrovare un nuovo equilibrio.
Resiliente si nasce o si diventa?
La resilienza è presente in potenza in tutti gli esseri umani fin dalla nascita. Non è, però, un tratto stabile di personalità. Si tratta di una vera e propria abilità, il cui sviluppo è legato al sano sviluppo bio-psico-sociale della persona. Essa deve essere educata ed allenata nel corso di tutta la vita.
In presenza di una crisi o evento stressante – acuto o cronico che sia – ciò che determina la qualità della nostra resilienza è, infatti, la qualità delle soft skills personali e dei legami costruiti e rafforzati fino ad allora.
Essere resiliente significa:
- essere consapevoli dei propri attuali bisogni e dei propri limiti;
- saper riconoscere e stare con le emozioni che si provano momento per momento;
- Avere un focus di valutazione interno e fidarsi di potercela fare di fronte alle difficoltà – vederle come una componente inevitabile della vita, ma transitoria, circoscritta e dovuta al concorso di più fattori;
- essere capaci di autoregolare il proprio comportamento, tollerando la frustrazione e differendo la gratificazione del qui-ed-ora per perseverare nel raggiungimento dei propri obiettivi.
Educare alla resilienza è importante quanto essere resilienti!
Che io sia genitore, insegnante o team leader le mie scelte avranno l’effetto di facilitare o ostacolare la resilienza delle persone che a me fanno riferimento.
Se costruisco un’ambiente relazionale facilitante, mio figlio, il mio studente, il mio team avrà l’opportunità di sperimentare e allenare la sua resilienza, rafforzandola esperienza dopo esperienza.
Riprendiamo l’esempio di prima.
Se sono il genitore di quel bambino che è in difficoltà con i compiti a casa, lo educherò alla resilienza ogni volta che riuscirò a fidarmi della sua capacità di tollerare il senso di inadeguatezza e la frustrazione di fronte al quaderno. Quando confido che lui/lei, con i suoi tempi e con le sue emozioni, riuscirà ad attivare la competenza di problem solving e trovare il suo personale modo di uscire dalla difficoltà, gli starò dando l’occasione di attivare la sua abilità. Per fare questo devo essere disposto a mettere il mio bisogno di “bravo” genitore, in secondo piano rispetto al suo bisogno di crescere e realizzare sé stesso. Devo essere io, per primo, capace di tollerare la mia frustrazione rispetto all’incompetenza di mio figlio. Devo essere capace di non sostituirmi a lui facendo il compito al suo posto o suggerendogli cosa deve fare. Devo, piuttosto, stare al suo fianco, sostenendolo, nell’attesa che sia lui a trovare la sua soluzione al problema (che detto tra noi è perfettamente calibrato per la sua età).
In sostanza, la vita quotidiana con le sue piccole e grandi sfide, con gli imprevisti, gli errori, le occasioni di confronto e conflitto ci offre mille occasioni per educare alla resilienza noi stessi e le persone con le quali viviamo e lavoriamo. Non abbiamo che l’imbarazzo della scelta.
Oltre a ciò, per educare alla resilienza è possibile creare dei contest formativi ad hoc – come seminari, corsi, laboratori – e mettere a disposizione libri e riviste. Teniamo presente, però, che la resilienza non si apprende in teoria, ma si pratica nel quotidiano.
Concludo questo breve articolo con le parole di C. S. Lewis:
“Le difficoltà spesso preparano le persone normali ad un destino straordinario”.